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martedì 6 settembre 2011

Il tuo arrivo (3 gennaio 2011)

"Signora, le consiglierei di fare il cesareo".
Una doccia fredda che mi coglie impreparata, tremebonda. Con le mani mi aggrappo saldamente alle sbarre del lettino dove sto effettuando i monitoraggi. La sensazione di freddo che ricevo mi innervosisce ancora di più, perciò tolgo le mani e le poso sul pancione tondo. Tu, piccola, scalci e strisci verso le costole.
Adesso dovrei rispondere "sì" o "no". Perché le parole non escono?? Ho come l'impressione di trovarmi davanti ad una commissione spazientita che sta per giudicare il mio esame orale totalmente insufficiente.
Niente, nemmeno una sillaba. Salivazione azzerata, nausea e una morsa alla gola.
"Signora, basta che decida alla svelta, così prepariamo la sala".
Decidere...Svelta...Sala. Per loro un sì o un no equivale a stendere o meno un nuovo telo sterile, magari fosse così anche per me.
"Signora, è più di un'ora che la dilatazione rimane invariata, inoltre il battito sta rallentando...non vorremmo ci fosse sofferenza fetale."
SOFFERENZA FETALE. Bastava dire quelle due parole! L'immagine del tuo cuoricino in difficoltà mi trasforma di colpo in una leonessa, pronta a sbranare il dolore e la paura.
"Fatemi il cesareo!" mi sorprendo ad esclamare.
Sarei ipocrita a dire "E' così che mi sono sempre immaginata il mio parto", ma niente è mai stato (e mai sarà) più forte e ostinato della voglia di proteggerti, amore mio.
Eccoci dunque al momento cruciale. Mi preparano per l'intervento: cuffietta, depilazione, calze antitrombo (si chiamano proprio così, e vedendole uno si rende conto che il doppio senso è più che giustificato) e altri piccoli dettagli che mi sono persa, troppo impegnata com'ero ad asciugare le lacrime che, in silenzio, mi rigavano il viso.
E così tra poco ci vediamo, piccola mia...Ma sarai, poi, una bambina, oppure mi ritroverò a dover cambiare colore al fiocco appeso alla porta?? Non saresti certo il primo equivoco nella storia delle nascite!
"Tra pochissimo la sala è pronta" annuncia il dottore con tono leggermente assonnato. Come biasimarlo, sono quasi le quattro del mattino. Sbadiglio anch'io, adesso finalmente mi sento al sicuro.

Sala operatoria. Una corsa contro il tempo. Luci, risate, voci, suoni di macchinari accesi. Fuori è buio pesto, ma all'interno della stanza dove vengo trasportata in tutta velocità sembra di colpo giorno.
Gli anestesisti scherzano tra di loro, parlano della fila alle casse al supermercato, della settimana bianca, "Hai visto che ressa la domenica nei centri commerciali?", "Qualcuno ha perso la penna?", "Ho scattato certe foto meravigliose quest'anno, in montagna!", "Mi passi il bisturi per favore?"...
Si passano gli strumenti e le garze dicendo "Dammi il 6B" o cose simili. Sono anestetizzata dalla pancia in giù, tagliano come nel burro e non sento niente, rido e piango insieme, tremo, l'unico pensiero che mi assilla è questo: TRA POCO TI VEDRO'. Ti ho a lungo sognata, agognata, idealizzata; chissà come sarai...
Pochi minuti, poi sento uno strattone ed esplode il tuo pianto cristallino.
Sei nata, ore 4:15. Il tuo pianto fa subito scoppiare in lacrime anche me. Ti passano sopra la mia testa per un bacio furtivo, poi ti vedo sparire nella stanza di fronte per la visita pediatrica.
"Quanti capelli!", "Com'è bella", "Sembra una pesca", cinguettano garrule le ostetriche.
Mentre richiudono la ferita con i punti deliro, farfuglio ripetutamente "Amore, sei qua...", "Finalmente ti ho vista, tesoro mio".

BENVENUTA, LUCE DEI MIEI OCCHI.

3 commenti:

  1. Nonna commenta:

    Sono circa le tre del mattino, quando squilla il cellulare. Mi sono buttata sul letto da un'ora, ma com'è naturale, sono perfettamente sveglia e lucida. Mi hanno mandata a casa dicendo di tornare il mattino seguente perché c'è ancora tempo. E' inutile che io stia lì, in ospedale, con te rimane Alessandro.
    E' giusto così.
    A casa con noi stanotte c'è anche Gherardo, il tuo fratello, anche se a regola dovrei dire "fratellastro", ma come si fa a definire "astro" uno che, sarà un caso, ma quando c'è da esserci c'è sempre stato?
    E c'è anche stanotte, sdraiato sul divano.
    Non è il caso di svegliare babbo, con tutto quello che ha passato e nelle condizioni in cui si trova.
    Usciamo in punta di piedi, Gherardo ed io. La notte è fredda e io tremo mentre guido come un'automa, in silenzio. Ho tanta paura. "Cesareo d'emergenza", ha detto Alessandro.
    Anche il tuo fratellone è teso e si vede. Poi, non so dire come, siamo arrivati e tu eri già in sala operatoria.
    Sono passati minuti, ore, qualche secolo, poi è uscita una cosina con la tutina rosa di ciniglia che con tanta cura avevo lavato (attenta anche a togliere ogni etichetta interna), una cosina rosa come la sua tutina, coi capelli scuri e un musetto che sembrava un gattino.
    Bella. Bella. Bella.
    In modo incredibile.
    Bella, ma quel che che più conta, tutta a posto, sana, anche abbastanza robusta.
    Tua. Di Alessandro. Nostra.
    Ho abbracciato forte Gherardo. Alessandro era ancora teso, non era in vena di abbracci, non ha pianto, non si è commosso, vedendo quella cosina rosa e tanto bella.
    Finché non ha visto che anche tu stavi bene, finché non ci hanno detto che tutto era a posto anche per te, lui non si è sciolto.
    Bene. Giusto così.
    Proprio una piccola, bella famiglia.
    (Laura)

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  2. Commento di Alessandro, il babbo

    Ebbene sì, sei arrivata. Non mi rendo subito conto di questo uragano che sta per sconvolgermi la vita; la giornata è stata faticosa anche per me ( immagino per la mamma, deve essere stato uno strazio ). Sono le 4:15 di notte del 3 Gennaio 2011 e dall'esterno della sala operatoria sento il tuo primo pianto, la tua voce, inconfondibile fra mille, mi è entrata nel cervello e non se ne andrà mai più. All’inizio non capisco cosa mi sta per capitare fra le mani, un corpicino inerme, bellissimo, sangue del mio sangue. Quello che non ho capito quella notte del 3 Gennaio mi è apparso sempre più chiaro, con l’andar dei giorni, fino a quel maledettissimo e benedettissimo 13 Gennaio quando sono partito per Verona. Con il cuore in pezzi e il viso rigato dalle lacrime, anche se non mi sono fatto vedere, sono partito per il mio primo lavoro a tempo indeterminato. Mesi e mesi senza poterti abbracciare, toccare, baciare tutti i giorni; solo due miseri giorni il fine settimana e poi via, di ritorno a lavoro. È inutile che cerchi di spiegarti le sensazioni che provavo il lunedi mattina quando ripartivo e dovevo lasciarti lì, nella tua culla, accanto sì alla mamma, ma ad una mamma sofferente, perché come saprai già durante il primo mese ed oltre la tua mamma è stata malissimo a causa di un ascesso mammario, è inutile perché non potrai capirle finchè non avrai un figlio/a e davvero non ti auguro di provarle. Adesso è settembre ed io sono ancora quassù a Verona e tu sei ancora là a casa tua amore mio, adesso però ho la prospettiva di tornare presto a casa, presto otterrò il trasferimento che vale quanto un miracolo per me e per la mamma. Si presto potrò riabbracciarti e ti giuro che stavolta niente al mondo potrà separarmi dalla mia bambina.
    Voglio spendere due parole anche per la mamma, una mamma adorabile con te e con me, una donna forte e tenace, una che ha sopportato l’inferno in terra, pur avendo un angelo lì accanto a lei. Grazie Susanna per quello che fai per la nostra bambina, quello che io non posso fare, purtroppo.
    Un ringraziamento anche ai nonni che hanno tanto aiutato la mia mogliettina nello svezzamento della creatura; senza di loro la mamma avrebbe avuto tantissimi problemi in più.
    Come ha detto la mamma io non sono molto loquace. Con questo piccolo pensiero ho cercato di descrivere l’indescrivibile. Adesso ho finito le parole, l’ispirazione come si dice, ti do la buonanotte; dormi tranquilla vita mia che c’è sempre qualcuno pronto a proteggerti.
    Vi amo.

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  3. Grazie a nonna per aver ripercorso le emozioni di quella giornata meravigliosa e a babbo Ale che, pur avendo problemi nel postare i commenti, mi ha mandato le sue riflessioni su skype e io le ho copia-incollate sul blog. Aspetto i commenti degli altri che hanno vissuto l'attesa della nascita della Pati.

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